Archivi categoria: Consulenza familiare e terapia matrimoniale

Consulenza familiare e terapia matrimoniale. Cos’è la consulenza familiare? Quale attività svolge il consultorio familiare? In cosa consiste la terapia di coppia e la consulenza matrimoniale? Ecco i quesiti ai quali cercherò di rispondere in questa categoria.

Le fasi del cambiamento

Per cambiare basta un “Crac!”

In certi momenti della nostra vita può capitare di sentirci angosciati, frustrati, oppressi da qualcosa e non sappiamo chiaramente cosa sia. Senti quella rabbia, quella insoddisfazione che ti invade e che ti porta a dire: “Basta! Così non posso più andare avanti, devo fare qualcosa. Ma cosa? Dove? Come?”
L’unica cosa che viene in mente è che di sicuro così non si più andare avanti, ci si sente troppo male ma non si sa come uscirne fuori. Ci sembra di essere in un tunnel in cui non ci sia la via d’uscita e ciò ci rende impotenti, bloccati, senza alternativa. Ma l’alternativa c’è sempre, non la vediamo perché presi da stati d’animo negativi, da emozioni che divampano in noi e non ci fanno vedere lo spiraglio di luce. Ma la luce c’è, c’è sempre, siamo noi che non riusciamo a vederla.
Il lavoro del consulente familiare è proprio quello di aiutare, attraverso lo strumento dei 9 passi, a cercare e trovare la via d’uscita da quel tunnel, da quello stato d’animo che opprime, ritrovare la forza di potercela fare e scoprire che sensazioni sgradevoli possono essere eliminati molto più facilmente di quanto si possa immaginare.
Il cambiamento implica una trasformazione e modifica degli stati d’animo e dei nostri atteggiamenti. Ma come effettuare un vero cambiamento e soprattutto duraturo?
Affinché un cambiamento sia duraturo nel tempo, bisogna fare “CRAC”
Significa che devo rompere qualcosa?
Certamente! È necessario rompere i vecchi schemi di pensiero e comportamento, sostituendoli con altri nuovi e più produttivi e i passi fondamentali che è necessario effettuare per arrivare al nostro scopo sono principalmente:
Avere la consapevolezza di ciò che ci sta accadendo;
• Rompere lo schema che ripetiamo;
• Individuare un’alternativa.
AVERE LA CONSAPEVOLEZZA DI CIO’ CHE CI STA ACCADENDO
Il primo passo per effettuare un cambiamento duraturo è quindi capire cosa si vuole veramente, qual è l’obiettivo e cosa, in questo momento, impedisce di raggiungerlo. Decidere ciò che veramente si vuole permetterà di identificare lo stato attuale rispetto a quello desiderato e di avere chiaro come raggiungerlo.
È necessario poi trovare una motivazione abbastanza forte da spingerti ad adottare il nuovo comportamento vincente e ad abbandonare quello improduttivo che impedisce di realizzare ciò che si vuole. Le motivazioni si distinguono in estrinseche ed intrinseche.
Una motivazione estrinseca ha come obiettivo ottenere un premio, un apprezzamento, un regalo, è il caso di uno studente che supera l’esame universitario per far contenti i propri genitori; la motivazione intrinseca ha come obiettivo la soddisfazione di un proprio bisogno, è il caso in cui lo studente supera l’esame e lo fa per se stesso.
La motivazione è l’elemento singolo più importante nella realizzazione di un cambiamento a lungo termine e i due elementi che possono permettere di trovare una leva abbastanza forte da spingerci al cambiamento sono stato d’animo piacevole, stato d’animo doloroso.
Ascolta il tuo stato d’animo nel momento che ti chiedi: “cosa mi succederà in futuro se non cambio adesso?”, “Quali saranno le conseguenze negative del non farlo?”. Inoltre: “Come migliorerà la mia vita se cambio questo?”, “Come mi farà stare averlo fatto?”, “Quali vantaggi darà a chi amo il mio cambiamento?”.
Ricorda: Chiunque ha una motivazione abbastanza importante per cambiare, basta trovarla.

ROMPERE LO SCHEMA CHE RIPETIAMO
Non resta ora che abbandonare il modello di comportamento negativo. Si può essere profondamente motivati a cambiare, ma se si continuano a ripetere ogni volta le stesse azioni, nessun tentativo potrà mai andare a buon fine: per poter introdurre un nuovo modello di comportamento è quindi assolutamente necessario interrompere la precedente strada e crearne una nuova.
Rompere lo schema significa quindi permettere a noi stessi di rispondere diversamente a uno stimolo, sbarrando l’antica strada e iniziando a percorrerne una nuova e alternativa.

CREARE UN’ALTERNATIVA
Un cambiamento per definizione prevede un passaggio a qualcosa di diverso, di alternativo e per poter essere tale e positivo necessita di creare un’alternativa significativa, che non solo sia più produttiva della precedente ma che possa soddisfare a un livello più alto i nostri bisogni. Non è possibile eliminare un vecchio comportamento lasciando un “vuoto” al suo posto. È fondamentale che la mente trovi piacere nel nuovo comportamento, perché se lo stato d’animo doloroso è una grande leva di cambiamento a breve termine, solo associazioni piacevoli garantiscono il perpetuarsi di quel cambiamento nel tempo.
Buon cambiamento!
Angela Sgambati

La migliore Consulente a Roma in ambito familiare è la Dottoressa Angela Sgambati

Il punto sulla relazione di coppia

A proposito della relazione di coppia

Il punto sulla relazione di coppia
Il punto sulla relazione di coppia

“Una coppia può perdere la passione.

Può perdere anche il desiderio.

Ma se perde la capacità di ridere assieme è la fine”.

(BarbyeTurica, Twitter)

In questo mio articolo, desidero fare il punto sulla relazione di coppia.

Come sempre, al di là della pura teoria, quello che scrivo è basato sulla mia esperienza pluriennale di Consulente familiare, Consulente coniugale e Psicologo clinico a Roma.

Infatti, per quanto riguarda questo argomento, vorrei ricordare a tutti la trama di un film, “Se sposti un posto a tavola”, dove vengono invertite le disposizioni dei posti a tavola in un banchetto di nozze e si creano nuove coppie.

Conseguentemente mi sono posta alcune domande come, ad esempio, quanto siamo padroni del nostro destino e quanto siamo in grado di influenzarlo?

In poche parole, l’uomo dei nostri sogni è solo un caso o dipende anche un po’ da noi? Dipende dal fatto di essere predisposte ai cambiamenti? Le relazioni di coppia che viviamo sono solo frutto del caso o di quello che noi permettiamo ci diano?

Pertanto, circa la relazione di coppia, sono arrivata alle seguenti conclusioni:

  1. Nulla viene a caso, c’è sempre una motivazione conscia o inconscia che spinge l’uomo ad agire e che va oltre a ciò che è manifesto: il comportamento umano;
  2. L’uomo è artefice della sua vita, egli non è né un passivo recettore, né veicolo di idee ma un attivo costruttore della propria esistenza, spinto dal bisogno di interagire con l’ambiente che lo circonda attraverso scambi sempre più ricchi ed efficaci;
  3. L’essere umano ha un progetto di vita da realizzare e la sua riuscita dipende da quanto coglie le occasioni della vita, eventi, fatti o persone significative oltre alla virtù della volontà che si dimostra una grande forza per direzionare la sua esistenza;
  4. Molto dipende da quanto crediamo in noi stessi, se ci percepiamo capaci di raggiungere l’obiettivo, dal nostro atteggiamento positivo e dall’emergere delle nostre qualità (punti forza).
  5. Nella relazione di coppia tutto ciò emerge con forza: scegliamo il partner perché crediamo che egli possa soddisfare i nostri bisogni, crediamo che egli sia ciò che noi non siamo, che abbia ciò che manca a noi; in realtà l’altro non potrà mai assolvere completamente questo compito in quanto ciò non è nelle sue possibilità, non è perfetto essendo un uomo ma solo un essere perfettibile.

La vita è nelle nostre mani, sta a noi e a quanto vogliamo risolvere i nostri conflitti e quanto vogliamo che avvenga il cambiamento in noi.

Per incontrare le persone giuste occorre essere solo noi stessi, così come siamo, essere accettati per quello che siamo senza dipendere dall’altro ma neanche voler cambiare l’altro.

La migliore Consulente a Roma in ambito familiare è la Dottoressa Angela Sgambati

Stile relazionale dei genitori e sviluppo dell’identità

Genitori e sviluppo dell’identità

genitori e sviluppo dell'identità
genitori e sviluppo dell’identità

“Andare sulla luna, non è poi così lontano. Il viaggio più lontano è quello all’interno di noi stessi”.

(Anaïs Nin)

Per quanto riguarda lo stile relazionale dei genitori e lo sviluppo dell’identità, c’è da dire preliminarmente che in uno dei miei post, basati sulla mia esperienza professionale come Consulente familiare a Roma in zona nomentana, ho portato l’attenzione sul processo di formazione dell’identità personale poiché è lecito chiedersi quale sia il ruolo di quel complesso intreccio di relazioni familiari e in particolare il ruolo dello stile personale con cui i genitori entrano in relazione con i figli adolescenti che permette di favorire la competenza sociale e il processo di sviluppo dell’identità.

I lavori sviluppati in quest’ambito hanno rilevato, nel comportamento dei genitori, quattro diverse linee di tendenza che definiscono altrettanti stili educativi a cui corrispondono specifiche caratteristiche sia dei bambini sia degli adolescenti.

Genitori che adottano uno stile autorevole fondato sulla compresenza di richieste e di sostegno, sono quelli i cui figli, nell’adolescenza, appaiono più competenti, capaci di monitorare le proprie emozioni e meno soggetti alla devianza, diversamente dagli autoritari, permissivi o rifiutanti.

Si tende a ritenere che, almeno per una certa parte e in assenza di eventi che modifichino l’assetto familiare, lo stile genitoriale e il clima che essi sono in grado di creare mantenga una certa stabilità nel corso dello sviluppo dei figli, pur con alcune variazioni nell’adolescenza, fase in cui le madri tendono sia ad esercitare un maggiore controllo nei confronti dei figli sia a ridurre le proprie manifestazioni esplicite di affetto.

Lo stile genitoriale esercita un’importante influenza anche sullo sviluppo dell’identità personale.

Da una ricerca condotta su un ampio campione rappresentativo di adolescenti italiani di età compresa tra i 14 e i 19 anni sono emerse, dalle descrizioni effettuate dai ragazzi stessi, tre stili genitoriali, correlati con lo sviluppo dell’identità nelle sue dimensioni di concetto di sé, sfera affettivo-sessuale, sistema di valori e autonomia.

Una prima tipologia quella del genitore relazionato il cui obbiettivo è la crescita autonoma delle motivazioni del figlio, identifica quei genitori capaci di capire i punti di vista o le richieste dell’adolescenti, di prendere in considerazione le sue proposte, apprezzarne i contributi, fornire consigli, senza imporre le proprie ragioni.

Il genitore autocentrato tende, invece, a restare fermo sulle proprie posizioni, nella convinzione di possedere migliori strumenti per comprendere quale sia il bene dei figli e per stabilire le regole alle quali si deve obbedienza e rispetto. Il genitore evasivo appare spesso arrabbiato o deluso e psicologicamente assente.

I dati della ricerca indicano come lo sviluppo dell’identità adolescenziale nelle sue articolazioni di concetto di sé, di maturazione affettivo-sessuale e di costruzione di valori e di prospettiva futura venga favorita dalle modalità attuate dal genitore relazionato che, diversamente da quelle proprie dei genitori autocentrati ed evasivi, consentono l’elaborazione cognitiva e la maturazione consapevole delle esperienze.

La dimensione dell’autonomia, intesa come propensione a conquistare spazi di indipendenza dalla famiglia, non appare connessa all’atteggiamento dei genitori, ma sembra seguire percorsi diversi.

L’importanza del ruolo dei genitori, rispetto a quello svolto dai coetanei o da altre persone significative, viene ribadito anche nelle ricerche che hanno preso in esame alcune circostanze difficili o particolari nelle quali possono trovarsi i figli preadolescenti, come ad esempio una malattia fisica o problemi psicologici.

In questi casi il sostegno nelle sue dimensioni di attenzione, affetto e incoraggiamento da parte dei genitori (o almeno da parte di uno solo dei due genitori), svolge un insostituibile ruolo protettivo riducendo l’effetto negativo di eventi di vita delicati o difficili e si configura come un fattore decisivo nello sviluppo della capacità dell’adolescente di far fronte ad eventi stressanti.

Tale funzione protettiva si può concretamente esprimere attraverso le funzioni di potenziamento dell’autostima, soprattutto nelle condizioni in cui il figlio debba confrontarsi con un proprio fallimento; l’appoggio diretto e la vicinanza in situazioni stressanti, la stabilità del rapporto affettivo al variare delle circostanze.

Sebbene spesso l’opinione comune sulle relazioni tra genitori e figli nell’adolescenza induca a ritenere che esse siano caratterizzate da conflitti profondi e gravi, i dati di diverse ricerche interculturali, condotte attraverso interviste realizzate in 10 paesi europei ed extraeuropei, tendono a smentire l’idea che la maggioranza degli adolescenti nutra insoddisfazione verso i genitori.

Pur senza negare l’esistenza di conflitti solo un 10% dei ragazzi intervistati riferisce di avere rapporti deteriorati con i genitori contro un 75% che si identifica con loro e ne percepisce la vicinanza affettiva.

Per comprendere questa tendenza generale che ridimensiona il peso del conflitto occorre considerare i contenuti su cui esso si manifesta.

I temi su cui vertono le divergenze tra genitori e figli preadolescenti e adolescenti non sembrano molto cambiati rispetto al passato e continuano a riguardare le questioni quotidiane, quali gli orari, il contributo all’organizzazione familiare, l’impegno nello studio, le relazioni con gli amici che richiamano problemi connessi essenzialmente ai livelli di responsabilità e agli spazi di autonomia.

Su temi importanti quali i valori dell’istruzione, quelli morali e sociali, e, in parte, quelli politici o relativi alla gestione del denaro e delle scelte sentimentali, il livello di congruenza tra genitori e figli è invece molto o sufficientemente elevato.

Nonostante l’importanza delle relazioni familiari fin qui descritte, occorre sottolineare che dai molti lavori che negli ultimi anni hanno cercato di isolare l’effetto specifico dello stile autorevole o delle influenze dei genitori, rispetto ad altre variabili quali ad esempio le variabili genetiche, le relazioni tra pari e l’ambiente sociale, sembra legittimo concludere che lo sviluppo adolescenziale è un complesso intergioco di fattori in cui le influenze familiari e non familiari giocano tutte un ruolo importante.

La migliore Consulente a Roma in ambito familiare è la Dottoressa Angela Sgambati

Comportamento e attaccamento

A proposito di comportamento e attaccamento

comportamento e attaccamento
comportamento e attaccamento

“Il comportamento esteriore degli uomini è così equivoco che basta mostrarsi come si è per vivere completamente occultati e sconosciuti”.

(MAHATMA GANDHI)

Per quanto riguarda il comportamento e attaccamento, in questo post intendo soffermarmi sulle modalità di relazionarsi e sui comportamenti di attaccamento del bambino che influenzano la formazione della personalità e soprattutto sono dei modelli interni che orientano il ragazzo nelle relazioni sociali e amicali.

Si tratta di argomenti quasi all’ordine del giorno presso il Consultorio familiare che dirigo in zona nomentana a Roma.

Sempre a proposito di comportamento e attaccamento, c’è da dire che il legame di attaccamento è fondamentale per la sopravvivenza fisica e il benessere emotivo del bambino.

È stato Bowlby a proporre un nuovo approccio per spiegare e descrivere l’importanza del legame che unisce il bambino alla madre.

Per la loro sopravvivenza e per la loro crescita, i piccoli della specie umana dipendono dagli altri per un lungo periodo.

Le funzioni biologiche di base richiedono quindi una relazione stabile tra il bambino e colui che si occupa di offrire cure ed assistenza (caregiver), generalmente la madre.

La sopravvivenza stessa della specie dipende dal fatto che il bambino sia dotato di un sistema comportamentale stabile, finalizzato ad acquisire protezione dal caregiver, e dal fatto che il caregiver, a sua volta, possegga gli strumenti per proteggere i bambini, che sono in uno stato di vulnerabilità.

Questa relazione, quindi, è una strada a doppio senso: il comportamento di attaccamento e il comportamento della madre formano un sistema comportamentale integrato.

Questo legame lascia un’impronta psicologica duratura. Esso fornisce le basi per le rappresentazioni mentali durature delle relazioni interpersonali.

Le rappresentazioni mentali delle interazioni con i genitori funzionano come veri e propri modelli operativi, che sono la base per le più generali rappresentazioni delle relazioni con altre persone che i bambini stabiliscono nel momento in cui entrano a far parte del più ampio mondo sociale.

I modelli mentali dei bambini, quindi, riflettono il modo in cui sono stati trattati dai genitori, le esperienze di attaccamento, una volta internalizzate sotto forma di convinzioni e aspettative concernenti gli altri e se stessi come degni di amore, sono destinate a influenzare la personalità e i rapporti per tutta la durata della vita.

A questo proposito, l’aspetto più importante non è la quantità di tempo che la madre passa con il bambino ma la qualità dell’attaccamento, vale a dire se la madre fornisce una base sicura, se è sensibile ai segnali di bisogno di protezione e conforto del bambino. Tale sensibilità svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di uno stile di attaccamento sicuro.

Le madri che forniscono una base sicura rendono i bambini capaci di esplorare, consapevoli che la madre continuerà a fornire sostegno fisico ed emotivo, rassicurazione e protezione.

Un aspetto fondamentale della teoria dell’attaccamento è la convinzione che gli individui riproducano nel corso della vita i medesimi stili di attaccamento che hanno acquisito nelle prime interazioni genitore-bambino.

Si ritiene, dunque, che stili di attaccamento diversi portino alcune persone a essere fiduciose, aperte all’esperienza e capaci di affrontare positivamente le separazioni; altre a essere ansiose costantemente preoccupate di essere trascurate, rifiutate o abbandonate; altre ancore a non avere alcuna fiducia negli altri e a essere esageratamente autosufficienti, isolate e ostili.

Alcuni bambini sono più resistenti di altri, e nonostante lo stile di attaccamento tenda a restare stabile nel corso del tempo e a presentare i caratteri di un tratto di personalità o di uno stile cognitivo ed emotivo, le nuove esperienze lo possono modificare.

Lo stile di attaccamento del bambino è influenzato non solo dalle caratteristiche della madre, ma anche da quelle del bambino stesso. Alcune predisposizioni biologiche dei bambini possono renderli relativamente vulnerabili a un attaccamento insicuro.

Ad esempio l’attaccamento sicuro caratterizza i bambini che hanno avuto una madre sensibile ai segnali di sconforto e di disagio e responsiva alle loro richieste, confidano nella risposta della madre durante le situazioni di pericolo, di stress e\o di paura, mantengono una sicurezza interna che consente loro di esplorare il mondo circostante.

Quando sperimentano la separazione dalla madre mostrano, in maniera più o meno evidente, segni di disagio e di sconforto, ma al ritorno della madre non sono solo in grado di esprimere chiaramente il loro desiderio di vicinanza e di contatto fisico bensì riescono ad essere anche da lei facilmente calmati e consolati, per poi ritornare ad esplorare l’ambiente.

L’Attaccamento insicuro evitante invece caratterizza i bambini che durante il primo anno di vita hanno sperimentato un rapporto con una figura di attaccamento insensibile ai loro segnali e rifiutante sul piano del contatto fisico, anche in circostanze stressanti.

Stabiliscono un legame che, per le particolari modalità di risposta alla separazione e alla riunione con la madre, è detto evitante. Non sembrano avere fiducia in un’adeguata risposta materna e mostrano uno spiccato distacco ed evitamento della vicinanza e del contatto con la madre.

In assenza della madre, infatti, si mostrano indifferenti, non reagiscono alla separazione e sembrano concentrati sui giochi e sugli oggetti, esibiscono un eccesso di autonomia e di attenzione al compito.

Quando la madre ritorna, non si avvicinano a lei oppure evitano attivamente il contatto.

Poi nell’Attaccamento insicuro ansioso ambivalente i bambini, durante i primi mesi di vita, hanno avuto una madre imprevedibile nelle risposte: affettuosa per un proprio bisogno e rifiutante su sollecitazione del bambino.

I bambini ansioso-ambivalenti, incerti circa la disponibilità della madre nel fornire aiuto e protezione, appaiono quasi completamente assorbiti dalla figura di attaccamento, ma non riescono a utilizzarla come base sicura da cui partire per esplorare l’ambiente, durante la separazione dalla madre, esprimono evidenti segni di stress, disagio e angoscia che non sono placati nemmeno con il ritorno della madre; anzi, al suo rientro si avvicinano per farsi consolare, ma poi si allontanano da lei e la rifiutano manifestando una chiara ambivalenza, composta di comportamenti aggressivi o, al contrario, da lamentele passive e inconsolabili.

Infine l’Attaccamento insicuro disorganizzato che è un quarto modello meno comune dei primi ed è specificatamente associato a situazioni nelle quali la figura di attaccamento è dominata da esperienze traumatiche (lutti, abusi sessuali nell’infanzia) o a condizioni nelle quali i bambini stessi sono vittime di abuso e di maltrattamento.

Questo modello è considerato un fallimento nella costruzione del legame con la madre poiché il bambino non è in grado di organizzare una strategia comportamentale unitaria ed emette segnali inadeguati a mantenere e strutturare i legame. È incapace di comportamenti coerenti verso al figura di attaccamento, non dispone di una strategia attentiva stabile e mescola assieme avvicinamento ed evitamento.

Le risposte del piccolo alla separazione dalla madre sono caratterizzate da movimenti e azioni contraddittori e indicativi di intenzioni incoerenti e contrastanti. Secondo la teorizzazione di Bowlby, dunque, la madre non sarebbe importante perché gratifica, ma di per se stessa. La fiducia che il bambino può maturare nella disponibilità delle figure di attaccamento è alla base della sua stabilità emotiva.

Le strategie dell’attaccamento disorganizzato e i modelli operativi interni che il bambino struttura sono stati considerati seri precursori di problemi comportamentali che possono prefigurare evoluzioni psicopatologiche nell’ambito delle più generali conseguenze psicologiche che la violenza, nelle sue svariate forme, provoca sul bambino.

Lo sviluppo della personalità risente della possibilità o meno di aver sperimentato una solida “base sicura”. La personalità sana consente di far affidamento sulla persona giusta e, allo stesso tempo, di avere fiducia in sé e dare a propria volta sostegno.

La migliore Consulente a Roma in ambito familiare è la Dottoressa Angela Sgambati

La relazione con i genitori

La relazione con genitori

 

La relazione con i genitori
La relazione con i genitori

“I genitori possono solo dare buoni consigli o metterli sulla giusta strada, ma la formazione finale del carattere di una persona giace nelle sue stesse mani.”

ANNA FRANK

Per comprendere l’importanza della relazione con i genitori (ed io come Consulente familiare a Roma ho molti casi che riguardano questo argomento) bisogna partire dal presupposto che un bambino nasce quando non è più unito fisiologicamente alla madre e diviene una entità biologica a se stante.

Un adulto nasce quando l’adolescente partorisce la sua identità e diviene una entità psicologica a se sante rispetto alla sua famiglia d’origine.
Sarà la capacità di “essere solo” il segnale più evidente dell’indipendenza e della maturità nello sviluppo psico-affettivo.
Pertanto, la principale funzione dei genitori, quando il figlio entra nell’età adolescenziale, è saper fornire occasioni di reale indipendenza, da una parte promuovendo il distacco da loro, dall’altra mostrando fiducia e incoraggiamento nella persona che egli è e che vuole essere.

Nella relazione con i genitori, spesso i primi tentativi di indipendenza del ragazzo vengono interpretati semplicemente come ribellione, come un atteggiamento di maniera o come provocazione, senza tenere in considerazione che anche per il figlio il processo di separazione non è certo indolore e che abbandonare il rassicurante “utero familiare” non è facile, specie se i genitori sono ancora ben disposti a renderglielo accogliente.

Se l’obiettivo dell’adolescente è passare gradualmente dalla dipendenza alla in-dipendenza, ci si potrebbe chiedere quali siano i comportamenti genitoriali più appropriati per seguire il figlio in tale processo di allontanamento.

La relazione con i genitori autoritaria.

La tendenza a comportarsi in modo da freddare nel figlio ogni impulso di distacco o di separazione è connaturale a molti genitori. Il figlio che si trasfigura e vola via dalla tenda familiare mette ansia.

Se poi il figlio è stato l’oggetto unico e principale di interessi, affetti, aspettative e attenzioni da parte di uno o di tutti e due i genitori, non sarà facile restare impassibili o semplici spettatori del suo “andarsene”.

E sono tanti i modi che molti genitori utilizzano per frenare i figli e farli tornare indietro: presentando la realtà, gli altri, come cattivi, infidi, corrotti e la famiglia come tenda sicura: “Non è di te che non mi fido, ma degli altri”; creando nel ragazzo gravi sensi di colpa con frasi del tipo: “Spezzi il cuore a tua madre”, “Farai venire un infarto a tuo padre”, “Prima o poi ci manderai al cimitero dopo tutto quello che abbiamo fatto per te”; Utilizzando ricatti: “Fin che ti mantengo, fai quello che dico io”.

Madri che invadono sistematicamente gli spazi del figlio e si intromettono nelle sue cose, si sostituiscono a lui, prendendo iniziative al suo posto.

La relazione con i genitori empatica

Un aspetto essenziale per relazionarsi con l’adolescente è quello di evitare il più possibile i commenti, le raccomandazioni, le proibizioni, le ingiunzioni perché i giovani comunicano su una lunghezza d’onda che rimane per lo più indecifrabile agli orecchi dei genitori.

Come pure la presenza, naturalmente diversa da quella di quando erano bambini. Una presenza discreta, silenziosa, trasparente, congruente, emotivamente vicina, che non è un sostituirsi ma un proteggere, nel senso etimologico di pro te ego, “io per te”. Una presenza arginante, come nel gioco del biliardo lo è la sponda nei confronti della palla scagliatavi contro.

La relazione con i genitori creativa

Spesso il vissuto di chi ha un figlio adolescente è fatto di ansia, paura, preoccupazione e, nei casi migliori, trepidazione. Ma l’aspetto più importante e meno considerato è che l’adolescente costituisce una risorsa per il genitori.

L’uscita del figlio dal mondo infantile e l’entrata nel mondo degli adulti spinge anche i genitori a uscire da certi schemi di comportamento non solo nei riguardi del figlio, ma soprattutto verso il partner. La coppia ha un’occasione per ristrutturarsi su nuove basi.

Le si offre l’opportunità di ritornare a essere coppia, invece che genitori. Come al figlio si chiede di essere solo, così alla coppia si richiede di saper essere sola.

La migliore Consulente a Roma in ambito familiare è la Dottoressa Angela Sgambati

Adolescenza

Cosa significa Adolescenza

adolescenza
adolescenza

“Ricorderai l’adolescenza come il periodo dalle emozioni più intense e dalle esperienze più vere. Un adolescente si butta con ogni cellula del suo corpo in quel che fa, se non altro perché è la prima volta”.
(Stephen Littleword)

Nell’ adolescenza, argomento che affronto quasi quotidianamente presso il Centro di Consulenza Familiare “Santa Costanza” di Roma, da me diretto possiamo affermare che “Adolescente” è bello, ma anche faticoso e problematico.

Si era bambini e poi d’un tratto ci si ritrova cambiati nel corpo, nel rapporto con gli altri, nel temperamento. Paura, pudore, passione, ribellione, silenzio, apatie, entusiasmo, rabbia……………………….

Sono questi i termini che caratterizzano la stagione più fantasiosa e importante della vita di ogni persona.
E’ un lungo corridoio, a volte lineare a volte tortuoso, tra infanzia e maturità.

E’ un momento fluttuante, senza un equilibrio preciso, determinato da una costante presenza del nuovo, al quale dovrebbe seguire una spinta adattiva con un ruolo decisivo per la personalità adulta.

L’adolescente è in continua crisi. La drammaticità di questo periodo così fondamentale per la vita futura di ogni essere umano è caratterizzata dal vivere contemporaneamente tre lutti, tre perdite, a cui fanno seguito però altrettante conquiste capaci di consentire lo sviluppo progressivo individualizzante dell’essere umano.

Un primo lutto è dovuto alla perdita del ruolo infantile, a cui segue però la conquista del corpo adolescenziale prima e del corpo di donna o di un uomo in un secondo tempo.

Un secondo lutto è dovuto alla perdita del ruolo infantile, al quale, peraltro, ci si era da anni affezionati; ma a questo lutto segue e corrisponde la conquista di un ruolo adulto.

Infine, al lutto per la perdita dei genitori dell’infanzia, cioè del modo in cui queste figure erano state viste fino a quel momento, si contrappone la conquista di un incontro maturo con le stesse.

Autonomia

La ricerca dell’autonomia, della propria identità si realizza attraverso la differenziazione e la separazione dai genitori e tramite l’affermazione personale e sessuale: essere riconosciuti e sentirsi maschio o femmina è importantissimo in questa fase della vita.

E’ il tempo delle scelte, delle prime concretizzazioni ideali. In questo periodo l’incongruenza e l’asimmetria sono obiettive, comportando notevoli tensioni: la maturità fisica viene raggiunta, ma l’adolescenza sociologica procede oltre con la scolarizzazione prolungata, che allontana i giovani dal mondo del lavoro degli adulti.

Così è anche la capacità di amare, che prorompe ma che, ovviamente, non è ancora maturità. Si sa che l’amore è un modo di essere più che un punto d’arrivo, ma si sa anche che l’adolescente può essere indotto alla frettolosità in questo ambito appunto per la sorpresa di scoprirsi “capace”. Il senso del proprio limite non lo sfiora neppure.

Questo è il mistero del richiamo dell’amore, ma talvolta, più che fascino, tale mistero può generare nell’animo dell’adolescente una certa tensione.
L’amore adolescenziale, in questo senso, è ancora captativo, non è ancora psicologicamente strutturato in modo date da uscire da sè per andare verso il bene dell’altro.

E’ ancora fiore. Diventerà frutto.

Affettivamente l’altro è desiderato più per il piacere che comporta la sua presenza che non per la sua presenza in sé e per sé. La scelta sessuale diventa perciò instabile, è cioè legata e dipendente da questo piacere.

 

 

 

La migliore Consulente a Roma in ambito familiare è la Dottoressa Angela Sgambati

Relazione nella coppia e nella famiglia

La relazione nella coppia e nella famiglia

relazione nella coppia e nella famiglia
relazione nella coppia e nella famiglia

“La famiglia è lo specchio in cui Dio si guarda,e vede i due miracoli più belli che ha fatto: donare la vita e donare l’amore”.
(San Giovanni Paolo II)

In questo momento desidero offrire degli spunti di riflessione sul valore della famiglia e della relazione nella coppia e nella famiglia.

Parto dalla mia esperienza personale come consulente familiare a Roma che si occupa del singolo, della coppia e della famiglia.

Il lavoro del consulente familiare è quello di aiutare la persona ad esplorare il suo mondo per individuare le risorse necessarie e certamente presenti in lui/lei, idonee ad uscire dallo stato di disagio, malessere e confusione ed essere capace di riprogettarsi in modo nuovo.

Non a caso il consulente familiare è definibile anche come un facilitatore del processo di crescita della persona.

La vita è un intreccio di rapporti, alcuni buoni, altri cattivi. Grazie a queste relazioni si superano lo stadio infantile, le difficoltà dell’adolescenza e ci si incammina verso la maturità.

Nella relazione nella coppia e nella famiglia, la relazione fa conoscere la sconfitta, insegna a sopportare la perdita e a vincere la paura, aiuta a sradicare il timore di amare. Sono ancora oggi la maggior fonte di stimolo, mantengono l’uomo aperto, curioso e desideroso di imparare dal cambiamento.

Tutti abbiamo bisogno uno dell’altro. Ma se i rapporti falliscono non vuol dire che si è malvagi o avere aspettative non realistiche. Una relazione è positiva se incoraggia una crescita ottimale del corpo, della mente e dello spirito.

Se un legame diventa distruttivo, mette a repentaglio la dignità, impedisce di crescere, deprime e demoralizza in continuazione, anche se si è tentato in tutti i modi di impedirne il fallimento, forse necessita di una più profonda riflessione.

Essere uniti significa essere due entità in intimità tra loro, con la propria unicità. L’amore è interazione dinamica, vissuta in ogni attimo della vita, è possibile donarlo solo spontaneamente, con un atto di chiara volontà.

L’altro non è una entità fisica o una “cosa” da comprare, né d’altro canto l’amore può essere imposto oppure estorto. Amore vuol dire fiducia, un amore pronto ad accogliere tutto ciò che gli viene offerto, l’amore che esige una contropartita porta con se il dolore.

Si ama perché si vuole amare, perché amare dà gioia, perché si sa che dall’amore dipende la scoperta e la realizzazione di se stessi.

L’uomo che crede in sé nutre fiducia anche negli altri. Il potenziale dell’amore è sconfinato.

Pertanto non sorprende che si incontrino delle difficoltà nell’esprimere un sentimento profondo e complesso come l’amore. All’uomo riesce arduo tradurre in parole ciò che prova.

L’amore è paziente e sa attendere, ma è un’attesa non uno status passivamente remissivo, poiché si offre incessantemente in un rapporto di scambio e di reciproca rivelazione.

L’amore è spontaneo e implora di potersi esprimere attraverso la gioia, la bellezza, la verità. Perfino attraverso le lacrime. L’amore esige libertà, è un libero scambio di dare e avere.

Tuttavia l’amore necessita di libertà anche per crescere ed evolversi. Ogni individuo che si realizzi attraverso l’amore trova una via personale e soggettiva per concretarlo ed esprimerlo; ma non si può costringere l’altro a seguire lo stesso percorso.

Al contrario, si deve esortare a trovare la propria strada. Per amare gli altri dobbiamo amare noi stessi. Possiamo donare agli altri solamente ciò che possediamo in proprio.

Non possiamo dare ciò che non abbiamo appreso e sperimentato di persona. Amare noi stessi non si traduce in una visione egocentrica e ossessiva della propria realtà. Amare noi stessi significa avere a cuore la propria persona, provare nei confronti di se stessi interesse, rispetto, giusta attenzione.

L’uomo ama se stesso quando si vede nella sua realtà, quando mostra di apprezzare ciò che vede, ma soprattutto quando vive come una sfida esaltante la prospettiva di ciò che è in grado di diventare.

È solo una sana relazione che permette di sviluppare le potenzialità insite in ognuno di noi e anche nella famiglia è centrale l’instaurarsi di una sana relazione.

Nel mio lavoro di consulente familiare oggi, sempre più, mi trovo ad ascoltare genitori che vivono un disagio con il proprio figlio con cui non riescono più a comunicare, a rapportarsi e molto spesso mi chiedono “Cosa devo fare?” “Come bisogna comportarsi?” “Cosa è giusto?” “Cosa è sbagliato?”, nella speranza che esista un modello ideale di genitore, che si possa apprendere, al quale conformarsi per avere la garanzia che il proprio figlio diventi quell’adulto perfetto tanto desiderato e magari per sentirsi dei genitori perfetti.

È importante precisare che non esiste il “genitore perfetto” ma una persona che si è impegnata il più possibile in questo “mestiere” e che ha fatto tutto ciò che ha potuto per essere efficace nei suoi intenti educativi. Essere genitori significa considerare il proprio figlio come una persona distinta e separata, con la propria personalità, identità, con il proprio mondo, i propri bisogni e pensieri.

Ecco perché è importante accompagnare, seguire e sostenere con amore la crescita del proprio figlio senza sostituirsi a lui ma lasciandolo libero di crescere e maturare autonomamente e divenire adulto.

Un buon genitore è colui che sa ascoltare, aspettare, che sa amare il proprio figlio e coglierlo nella sua diversità anche se non corrisponde alle sue aspettative, ai suoi desideri.

La famiglia pur essendo formata da più individui e tutti con la propria specifica e distinta personalità, è al tempo stesso unità inscindibile, è un insieme in cui le capacità del singolo, e quindi la sua personalità irripetibile, sono fondamentali, ma devono contribuire alla riuscita di un risultato comune.

La famiglia è il luogo dei sentimenti e il risultato risiede nello stare bene insieme, avere una sana relazione.

Può capitare che proprio i genitori neghino una relazione come modalità per punire: la mamma quando il figlio piccolo non ubbidisce gli distoglie lo sguardo, non lo ascolta, non gli parla interrompendo così la relazione.

È proprio nella relazione che il ragazzo si confronta, si identifica, conosce, apprende, impara osservando. Don Bosco diceva “Non basta che amiate i ragazzi, occorre che si sentano amati”.

Non è possibile educare i figli se prima non si crea una relazione con loro e una relazione si stabilisce solo quando si conosce l’altro e si conosce l’altro solo quando lo si ascolta, lo si comprende. L’uomo è un essere relazionale.

Egli di fatto nasce, cresce e si sviluppa solo se è in relazione, è una dimensione indispensabile che permette all’uomo di mettersi in rapporto con sé, con gli altri, con il mondo e con Dio.

Si può dire che la famiglia è uno spazio relazionale vitale e fondamentale per l’essere umano. Nella crescita di un bambino sano, ciò che conta è la qualità del rapporto che i genitori hanno con lui, la centralità è la relazione fra le figure genitoriali ed il bambino che cresce.