Nel mercato globale e competitivo nel quale ci troviamo abbiamo a disposizione un’infinità di prodotti da poter scegliere. Se solo andiamo al supermercato possiamo vedere che varietà di yogurt che abbiamo a disposizione. Tutti i gusti e tantissime marche. Oppure se dobbiamo scegliere un televisore per la nostra casa ugualmente abbiamo a disposizione davvero un infinità di marche. Ma su cosa si basa la nostra scelta, realmente? Alcuni penserebbero al prezzo altri invece direbbero la qualità. In realtà no. Le nostre scelte si basano prevalentemente su pulsioni che non hanno niente a che fare con la ragione. Il neuromarketing abbina le conoscenze delle neuroscienze al comportamento dei consumatori per capire cosa accade nella nostra testa in risposta a determinati stimoli.
L’obiettivo principale è quello di spingere all’acquisto.
Le prime applicazioni della psicologia ai processi di acquisto, risalgono agli anni ’60.
Successivamente in uno studio del 2003, il dottor Kilts dell’università di Atlanta, ha studiato come siamo maggiormente attratti dai prodotti con i quali ci identifichiamo, rispetto a un’immagine mentale che abbiamo di noi.
Non acquistiamo quindi dei prodotti, ma acquistiamo una migliore percezione di noi stessi. Più quel prodotto combacia con l’idea che noi abbiamo di noi stessi, più saremo propensi ad acquistarlo.
Quindi mentre una minima parte del nostro cervello, il 20%, penserà cosa è meglio acquistare, qual è il prodotto che costa di meno, qual è la qualità migliore, la restante parte del nostro cervello quindi ben l’80%, si baserà sulle emozioni.
Non penserà, quindi, darà spazio al proprio istinto.
È il nostro cervello primitivo che entra in azione, quindi per vendere bisogna far leva, ormai, sulle emozioni.
Ti faccio un esempio: ti sei mai trovato in un negozio di Alcott?
Se ci sei anche solo passato vicino avrai notato il profumo che pervade questi negozi. Ebbene sì, nei negozi di Alcott e ormai anche in altri negozi che hanno seguito la scia di Alcott, si spruzza tantissimo profumo.
Questo per poter dare un’esperienza multisensoriale all’utente e poter coinvolgere anche l’olfatto.
In questo modo ogni volta che sentirai quel profumo lo assocerai ad Alcott. Quindi anche quando tornerai a casa, sentirai su quegli abiti il profumo di Alcott.
Vedi come entra in gioco la nostra parte di cervello rettiliano?
E attorno a quella marca si formerà tutta una sfera che si baserà sulle emozioni. Poi se il profumo non è di nostro gradimento ovviamente si potrà sortire l’effetto contrario.
Però anche dietro la scelta di un determinato profumo da abbinare a un brand, c’è tutto uno studio che non è da sottovalutare.
Ad esempio quanto è giovane il target, quanto è disposto a pagare o meno.
Un altro esempio di neuromarketing sono le distorsioni cognitive. I cosiddetti BIAS, che possono condizionare la nostra percezione della realtà e quindi anche le nostre scelte. Un esempio è l’urgenza di acquisto.
Hai mai notato cosa succede dentro di te quando ti dicono che un determinato prodotto sta per terminare? Oppure una determinata offerta sta per concludersi? Ad esempio “valido solo fino al 5 di questo mese”, oppure “solo 15 posti disponibili”.
Ti spingono a decidere: o ora o mai più. Ogni giorno sugli scaffali dei supermercati, in tv o anche online, troviamo offerte di questo tipo. Tutte queste offerte non fanno altro che stimolare in noi un’urgenza di acquisto. Come se dovessimo perdere l’occasione del secolo.
Gli esempi di neuromarketing sono davvero infiniti, perché quasi tutto il mondo degli acquisti, delle vendite, si basa ormai su questa scienza.